Giorgio Gaggio, nato a Murano (Venezia) il 17 agosto 1923, ultimo di quattro fratelli. Fabbro alle dipendenze dell’ “Officina Leonida Buccella”, dall’ottobre del ’37 fino al 5 gennaio del 1943. Giorgio crebbe e si formò durante la cosiddetta “era fascista”. Sfogliando il suo libro di terza elementare ci si può soffermare sulle pagine che descrivono la casa del Duce, Porta Pia 1922, la marcia su Roma, la Conciliazione….
La sorella Delia, operaia presso la Società Veneziana Conterie e Cristallerie, ricorda le pressioni che subiva da parte del suo caporeparto, un gerarca locale, affinché il fratello si presentasse, al sabato pomeriggio, ai raduni pre militari tipici del regime fascista. Qui i giovani erano obbligati a praticare attività sportive, maneggiare il moschetto, lanciarsi nei cerchi di fuoco, partecipare a riunioni inquadrate nelle attività di partito per mantenersi in forma e dare sfoggio delle proprie abilità. Ma Giorgio odiava partecipare a quelle pagliacciate – come diceva il fratello Mario – e trascorreva il tempo libero diversamente.
Gli anni passarono e Giorgio, come tutti i giovani di quel tempo, fu chiamato alle armi. Si presentò alla visita di leva, presso il distretto militare di Venezia, il 23 febbraio del ’42 e venne lasciato in congedo illimitato. Fu richiamato alle armi il 9 gennaio del 1943. Assegnato al V°Reggimento Autieri di Cervignano del Friuli. Prestò giuramento il 14 marzo del 1943. Il 31 agosto dello stesso anno venne trasferito al 50° Autoraggruppamento di Trento. Il 7 settembre scriveva ai familiari:
” Nel mentre vi scrivo mi trovo al cimitero ove sto lavorando per dare sepoltura alle vittime dell’incursione. Non so quanto resterò qui a Trento potrebbe trattarsi anche di giorni […]. Poi rassicura se stesso e i familiari: “ non preoccupatevi perché io non mi preoccupo per niente prendo tutto alla leggera”.
Giorgio fu catturato, qualche giorno dopo l’8 settembre, e condotto in Germania. Dall’analisi dei biglietti postali, spediti alla famiglia, e da altra documentazione si è potuto risalire ai luoghi dove il giovane ha trascorso la prigionia e dove ha trovato la morte. Dopo la cattura la famiglia non ebbe più notizie. Passarono dei mesi fino a quando giunse un biglietto postale datato 1 gennaio del 1944. Proveniva dal campo di smistamento per prigionieri di guerra Stammlager III B, nei pressi di Furstemberg, posto sotto il comando del Distretto Militare III con sede a Berlino: Giorgio si trovava in quel lager. Qualche mese dopo fu trasferito temporaneamente nello Stalag IV B – Muhlberg, Distretto militare IV con sede del comando presso Dresda. Definitivamente nel mese di giugno del 1944 fu assegnato allo Stalag VIII B – Teschen ora territorio polacco.
Nell’inverso del 1944 assieme ad altri italiani Giorgio venne distaccato ad Oppeln (attualmente Opole) nella frazione di Salzbrumm con il compito di tagliare i boschi. I russi, dopo aver sfondato il fronte polacco, da alcuni giorni avevano occupato la piazza principale del paese. Secondo la testimonianza di Bernardo Torrisi, un compagno di prigionia, Giorgio fu ucciso il 23 gennaio 1945 da un soldato russo che gli sparò e lo colpì alla fronte.
“a richiesta di uno dei soldati russi, disse di essere italiano e solo per questo motivo venne accompagnato nel bosco dove lavoravamo e ucciso assieme ad un altro compagno, di cui non ricordo più il nome.”[…] vennero seppelliti da alcune donne della zona nei pressi del luogo dell’uccisione
Giorgio. Anche lui, come tutti i prigionieri, dopo aver sopportato la fame, le umiliazioni, la degenerazione umana, le malattie aspettava con entusiasmo, speranza, forza di vivere la fine della guerra; ma il tragico destino ha voluto che colui che doveva essere il liberatore si trasformasse in un carnefice. Eppure Giorgio nonostante le continue minacce e l’incessante propaganda non si era arruolato nelle SS e aveva rifiutato di militare nell’esercito della Repubblica Sociale.
Aveva resistito
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