Giovanni Galizio

Giovanni Galizio

“Sono stato chiamato alle armi il 12 maggio 1940 e incorporato nella seconda armata – Divisione Bergamo con destinazione S. Sabba a Trieste. L’11 aprile la mia divisione ha incominciato l’occupazione della Jugoslavia arrivando fino a Sini, un paese vicino a Spalato. L’ 8 settembre 1943 l’Italia annunciava la resa incondizionata; il giorno dopo siamo stati rinchiusi, dai tedeschi, in un grande capannone (eravamo in 300 circa) e posti davanti a due scelte: la prima consisteva nell’adesione alla Repubblica di Salò – la seconda prigionieri dei tedeschi. Io scelsi la seconda…”

Questo è il discorso che Giovanni Galizio nato a Gorgo di Latisana il 23 maggio 1915 ha tenuto qualche anno fa durante una festa del paese, dove è stato invitato a testimoniare la sua esperienza di guerra alle nuove generazioni. Questo è quanto ha scritto, con l’aiuto di suo figlio Franco. Il discorso continua…

“Fui portato in Germania nel campo di concentramento di Fallingombostel. Ricordo che il campo era recintato con filo spinato e sorvegliato. Dopo un po’ di tempo mi hanno dato una divisa con la seguente scritta sulla schiena – I.K.I. – che stava a significare prigionieri italiani internati. Da allora è incominciato il mio calvario fatto di umiliazioni, ci chiamavano Badoglio, italiani traditori, fatto di fame, di paura di non far più ritorno a casa e di lavoro duro. Io sono stato mandato a lavorare in una miniera di ferro alla profondità di 220 metri, si lavorava giorno e notte in tre turni di otto ore ciascuno. Alle ore 14 ci radunavano per darci un po’ da mangiare: il pranzo consisteva in una brodaglia di rape e carote e per secondo qualche patata lessata. Ricordo che la fame era tanta e per sfamarmi mangiavo le bucce crude delle patate che cercavo tra i rifiuti, senza farmi vedere dai tedeschi per evitare di subire dure punizioni. Ricordo che due prigionieri sono morti di stenti, senza alcuna assistenza sanitaria. Dopo lunghi mesi di prigionia dal 10 settembre 1943 all’11 aprile 1945 finalmente una colonna di blindati americani è entrata in paese e ci hanno liberati sia dalla prigionia sia dalla fame. Con gli americani siamo rimasti otto giorni, dopo siamo passati sotto gli inglesi i quali ci mandavano a lavorare nei paesi vicini per togliere le macerie provocate a seguito dei bombardamenti. Si lavorava ancora ma almeno si mangiava. Finalmente il 28 agosto 1945 sono stato portato, assieme ad altri italiani, ad Hannover e rimpatriato. Giunsi a Pescantina, vicino Verona, l’ 8 settembre 1945. Il giorno dopo arrivai finalmente a Gorgo di Latisana (Udine). Ricordo ancora che l’ultimo tratto di strada, Codroipo-Gorgo l’ho percorso, assieme ad un mio compaesano, con un calesse trainato da un cavallo in quanto era domenica e non funzionavano i mezzi di trasporto. Alla fine, nonostante tutto, mi considero fortunato perché dopo oltre cinque anni di guerra ho fatto ritorno sano e salvo mentre mio fratello Domenico, e con lui molti altri italiani, non sono più tornati”.

Il 23 maggio è il suo compleanno e gli facciamo tanti auguri!


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